Articolo realizzato da Catia Odorisio (Operatore CNGU certificato)

 Nel mese di Novembre, dove viene celebrata la festa del gatto nero, voglio raccontarvi la storia di tre magnifici mici dal manto corvino: Diego, Brunilde e Leo.

  Diego era un gattino tripode di circa 4 mesi quando gli attuali proprietari si innamorarono di lui, dopo averlo notato in una gabbietta dell’ambulatorio veterinario dove portavano abitualmente in visita la loro gatta. La sua storia è molto singolare. Trovato in strada con un ago conficcato nella zampa sinistra, è stato subito portato dal veterinario che ha ritenuto, a causa del troppo tempo trascorso, che l’unica soluzione possibile oramai fosse quella di amputare la zampetta. Molto probabilmente Diego era scappato da un'altra clinica veterinaria dove era sotto cura ed è rimasto in strada in quelle condizioni per troppo tempo. Nonostante sia stato affisso un annuncio del suo ritrovamento, nessuno si è mai presentato per riportarlo a casa. Così Diego è stato adottato da una splendida famiglia che ancora oggi ricorda la sua paura nel giorno in cui è stato preso dall’ambulatorio ma anche l’immensa felicità che ha portato nella loro vita. Ora Diego ha quattro anni ed è un gatto sereno e vivace che, come sostiene la sua famiglia, non ha ancora capito di avere una zampa in meno. Infatti è un micio che ama saltare e giocare come tutti gli altri gatti normodotati e si diverte tantissimo a sfoderare le sue doti da predatore.

  Altra immensa gioia è stata provata dai nuovi proprietari per l’arrivo di Brunilde, gioia che ha permesso a questa meravigliosa creatura di ritornare in vita dopo un lungo periodo di depressione. Infatti Brunilde era una gattina di proprietà che viveva serena con la sua famiglia fino al giorno in cui i proprietari decisero di portarla al gattile dopo aver scoperto che era rimasta incinta. La gatta per diversi mesi è vissuta nel rifugio. È in quel luogo che ha partorito e allattato i suoi cuccioli, fino a quando furono adottati uno ad uno. Così Brunilde è rimasta sola e ha incominciato a provare indifferenza verso tutto quello che la circondava e a non mangiare. Per lei non c’era nessuna buona richiesta di adozione e le volontarie, disperate, incominciarono a pensare che non sarebbe vissuta a lungo. Ma un giorno una ragazza dal cuore sensibile si è presentata davanti agli occhi ormai spenti di Brunilde e, dopo un iniziale momento di esitazione, ha deciso di prenderla con sé restituendole una casa e una nuova vita. Ora Brunilde è rinata, anche se è rimasta una gatta timorosa e riservata, ma è finalmente serena, probabilmente perché ha compreso che questa volta l’amore umano l’avrebbe accompagnata per sempre.

  Diversamente dagli altri, Leo è stato un gran rubacuori e ha lavorato lentamente per conquistare il cuore della sua amata umana. Recuperato dalla strada insieme ai fratellini, il suo stallo si è trasformato gradualmente in una vera e propria adozione e l’umana che l’ha salvato non è riuscita più a separarsi da lui. Ora Leo ha tre anni, è un grande coccolone ma allo stesso tempo è un micio molto intelligente e pestifero: apre gli armadi e ci si infila dentro, smonta il battiscopa della cucina per aiutare l’umana a pulire meglio e non si risparmia in nessun modo con le coccole!

 

 Questi tre meravigliosi felini provengono dalla strada e da situazioni di abbandono, tuttavia hanno avuto la fortuna di incontrare umani dal cuore d’oro che hanno deciso di prendersene cura per sempre, non guardando al loro aspetto, al colore del mantello o degli occhi ma osservando qualcosa che li univa oltre le diversità di specie, oltre le credenze popolari o fattori puramente estetici: il desiderio di amare . Questo desiderio va oltre le differenze di specie, è un desiderio che procura ad ogni individuo di questo pianeta piacere e gioia, ed è proprio per questo che favorisce la vita alla distruttività, permettendo ancora la sopravvivenza di tante specie sulla terra. Ma come dare torto a chi ha deciso di adottare un gatto nero? Le ricerche degli ultimi anni mettono in evidenza le fantastiche doti di questi felini. Alcuni studiosi hanno scoperto che ci sarebbe una correlazione tra colore del pelo e carattere del gatto. Infatti i gatti neri, oltre ad essere molto intelligenti e sensibili, sarebbero caratterizzati da una forte lealtà verso l’umano. Altre ricerche, invece, hanno evidenziato la loro minor propensione a contrarre alcune malattie. Questa teoria è avvallata dal fatto che i gatti dal manto corvino, come i gatti bianchi e neri, sono tra i più comuni e più presenti nelle colonie, e questo dimostra che sono molto resistenti e tendono a sopravvivere maggiormente rispetto agli altri gatti. Nonostante i numerosi studi in materia, che sottolineano la bellezza, la forza e l’intelligenza di questo felino, ancora oggi in molti non gradiscono la sua presenza. In certi casi, per ignoranza e per superstizione, il gatto nero viene ancora visto come un messaggero di sventura e di cattivi presagi. Ma perché accade questo? Come mai nei secoli la figura di questo felino è stata vittima di sentimenti ambivalenti e a volte tragicamente negativi per la sua sorte? Purtroppo alcuni popoli antichi trovavano più semplice attribuire il termine malefico ad animali poco conosciuti, proiettando le proprie paure e il desiderio di potere e controllo su tali creature, così illudendosi di riuscire a salvare il mondo da Satana e liberarsi definitivamente dal male. Nulla è stato fatto, invece, per studiare e comprendere il comportamento di questi meravigliosi esemplari dal manto nero e dagli occhi lucenti, come non è stato possibile scacciare la paura attraverso la conoscenza di altri animali che in quell’epoca furono brutalmente condannati a morte. Infatti, tra gli animali ritenuti maligni, oltre al gatto, figuravano i pipistrelli e i corvi, che a partire dal Medioevo vennero catturati e sterminati in maniera atroce. La grande capacità di vedere al buio, il pelo nero che lo rendeva quasi invisibile durante la notte e i lucenti occhi che avevano il potere di spaventare i cavalli, ha portato il gatto nero in antichità ad essere venerato come una vera divinità ma con l’arrivo del Medioevo in lui vennero proiettate le sembianze del Demonio. La Chiesa, infatti, mise in atto diverse strategie per eliminare le pre-esistenti religione pagane, considerate nefaste e malefiche perché ritenute praticanti l’adorazione del Diavolo. Nello specifico, in quel periodo i romani confondevano la dea Bastet con Diana, dea della luna adorata in molti riti di magia pagana. E proprio da questo errore si incominciò a collegare l’immagine del gatto con la pratica dei culti eretici. Si arrivò addirittura ad associare il mantello nero del Diavolo con la pelliccia del gatto.

 Inoltre, si diffuse un atteggiamento di avversione nei confronti delle donne le quali erano gli individui che maggiormente si occupavano della cura di questi animali. Questo contribuì ancora di più all’associazione del gatto con qualcosa di impuro. Papa Innocenzo VIII nel 1484 scomunicò i gatti e aizzò il popolo a perseguitare le streghe, donne ritenute tali perché erano a conoscenza dell’uso di molte erbe medicinali, oltre ad essere molto vicine ai loro amati gatti. La massima espressione di questi atti persecutori si manifestò la notte di San Giovanni, quando in tutta l’Europa Cristiana decine di migliaia di gatti furono arsi al fuoco. La moria di gatti causata dalla persecuzione però contribuì ad un aumento impressionante di topi nei luoghi abitati, e questa fu, con molta probabilità, una delle cause che concorsero alla diffusione della grande epidemia di peste. San Francesco d’Assisi fu un vero anticonformista per quell’epoca e rivalutò tutto il creato e gli animali che ne fanno parte. Lo stesso si può dire di alcuni monasteri dove i gatti furono allevati dai monaci. Un esempio fu dato dalla presenza nei monasteri del gatto certosino. Dobbiamo aspettare l’illuminismo per fare si che il gatto finalmente riguadagnasse quella dignità persa ormai da tempo. Solo nel XIX secolo il gatto divenne un animale da compagnia, apprezzato anche per il suo aspetto estetico. Tuttavia, nonostante questi avvenimenti tragici, nell’arco della storia il gatto nero non è sempre stato una figura negativa. Gli Egizi, per esempio, già molti secoli prima della venuta di Cristo, si resero conto dell’utilità e della bellezza del gatto e iniziarono ad addomesticarlo. Inoltre, il gatto veniva considerato una vera e propria divinità. Tra il 2000-1500 a. C. i gatti venivano associati a varie divinità. La prima fu Ra, Dio del Sole, che di notte assumeva le sembianze di un gatto maschio per combattere contro il serpente dell’oscurità Apophis. In seguito fu associata alla dea Hator come rappresentante della sua energia sessuale. Solo successivamente il gatto venne identificato con la famosa dea Bastet la quale rappresentava l’energia sessuale, la fertilità, il calore del focolare domestico. All’epoca esistevano leggi per tutelare i gatti e severe punizioni per chi arrecava danno a queste magnifiche creature. In Egitto i gatti venivano chiamati Myeu e quando morivano, i padroni in segno di lutto si radevano un sopracciglio. Questo felino veniva onorato dagli antichi egizi anche con rituali funebri, infatti, dopo la sua morte veniva mummificato a volte anche in compagnia dei suoi umani. Oggi è possibile trovare una di queste mummie al museo egizio di Torino, rappresentante un piccolo faraone con le vibrisse. I Romani, invece, utilizzavano il gatto al posto della donnola per la caccia dei topi, ratti e talpe. Divennero simbolo di vittoria e incominciarono a portarsi i gatti dietro durante le loro conquiste. È in questo modo che il gatto si diffuse in tutta l’Europa settentrionale.

 In Giappone, nell’epoca odierna, i gatti neri vengono rispettati e considerati di buon auspicio, tanto che possederne uno o incontrarne per strada rappresenta l’arrivo di situazioni fortunate. Infatti, secondo una vecchia leggenda buddista, un gatto nero procura l’oro al suo padrone, mentre un gatto bianco attira l’argento. In Inghilterra, in alcuni periodi storici, i gatti neri venivano considerati simboli di buona sorte. Oggi il 17 Novembre si festeggia la festa del gatto nero. Infatti il mese di novembre è notoriamente il mese meno allegro dell’anno e il numero 17 è considerato un numero sfortunato per antonomasia. Questa giornata è stata scelta dall’Associazione Diritti Animali e Ambiente (Aidaa) per esorcizzare l’ignoranza e la superstizione legata al gatto nero. Purtroppo, in corrispondenza del primo Novembre, ogni anno vengono denunciate magliaie di scomparse di gatti neri, vittime dell’ignoranza e della cattiveria dell’essere umano. Per contrastare questo terribile fenomeno l’Aidaa ha promosso “L’albo del Gatto nero” una sorta di censimento dei gatti neri in Italia. Tante sono state le iniziative che hanno l’intenzione di valorizzare e riabilitare la bellezza di questo incantevole felino. Tuttavia ognuno di noi, nel proprio piccolo, può fare qualcosa per promuovere la conoscenza e la bellezza del gatto nero, non solo, come è successo ai protagonisti delle nostre storie, adottandone uno, ma anche difendendoli dai soprusi, proteggendoli dai pericoli, diffondendo la nostra conoscenza, ma per arrivare a fare questo è necessario risvegliare la meraviglia che è presente in noi, quello stupore che può favorire l’incontro con queste magnifiche creature. Neil Armstrong ha affermato che il mistero genera meraviglia e la meraviglia è alla base del desiderio dell’uomo di capire. Ed è proprio attraverso la meraviglia che si può fare esperienza e conoscere veramente creature così misteriose e diverse da noi, e forse, in questo modo sarà più semplice riuscire a diffondere il loro valore e la loro unicità.

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