Nell’universo della convivenza tra l’uomo e l’animale ci sono state infinite evoluzioni e rivoluzioni, si è passati in poco più di un batter di ciglia dal considerare l’animale solo un mero strumento d’utilizzo all’acquistare interi corredi per l’amato compagno a quattro zampe, in una sorta di delirio evolutivo emotivo in cui è molto difficile ritrovare il senso della ragione. Al giorno d’oggi, la quasi totalità delle persone che convive con un animale si definisce, e viene definita dalla società, “proprietario” dell’animale stesso, termine considerato ufficialmente molto più rispettoso e veritiero dell’antico “padrone”, considerato ormai anacronistico ed irrispettoso nei confronti dell’animale, ma… siamo sicuri che essere proprietari di un animale sia la definizione corretta?

Cosa significa avere la proprietà di qualcosa o, in questo caso, di qualcuno? Significa poter esercitare indiscriminatamente il proprio potere sull’oggetto/individuo posseduto, significa decidere per lui, avere la facoltà di privarlo della sua autonomia decisionale e della sua libertà di vivere la vita secondo i propri istinti. Ora, sono sicura che leggendo queste righe molti penseranno “no, io non sono affatto proprietario del mio gatto, lui è libero di fare ciò che vuole!” e io vi assicuro che, nella maggior parte dei casi, questa è solo un’illusione, in quanto nel momento stesso in cui togliamo un gatto dal suo habitat naturale e lo portiamo nel nostro appartamento già stiamo drasticamente modificando le sue possibilità di vivere secondo natura e lo stiamo mettendo nella condizione di doversi adattare ad una vita “umanizzata”, pur facendolo con le migliori intenzioni!

L’errore di fondo sta nel pensare che un gatto abbia bisogno di noi per poter vivere bene: un gatto nasce con tutto ciò di cui ha bisogno per poter vivere felice in natura, se ha la possibilità di crescere con la propria madre, i fratelli e i membri della colonia, se vive in colonia, o comunque in un ambiente sufficientemente sicuro per i primi mesi della sua vita. Passati i primi mesi, una volta diventato un giovane adulto, un gatto ha nel suo corpo e nella sua mente tutte le risorse necessarie per cacciare, trovare fonti d’acqua, trovare riparo, e trovare il modo di riprodursi per soddisfare il suo innato istinto all’accoppiamento; sarà libero di dare sfogo al suo bisogno istintivo di arrampicarsi su superfici sopraelevate, di farsi le unghie per lasciare marcature visivo-olfattive indispensabili per la gestione del suo territorio, di marcare laddove ne senta la necessità, di godersi il tepore del sole nei momenti di relax, e di socializzare con altri individui felini e non spontaneamente e secondo i suoi tempi e modi.

In sostanza, avevamo appena imparato ad educare e non schiavizzare i nostri animali, ed ora dobbiamo di nuovo cambiare le carte in tavola? Si, se ci si vuole evolvere davvero! Non serve educare, serve conoscere e capire la natura dell’animale con cui condividiamo la nostra esistenza, osservarlo in rispettoso silenzio e porci le giuste domande quando non capiamo il suo comportamento, per poter comprendere le sue ragioni. Se cerco di educare il “mio” animale, sto cercando di modificare la sua natura per renderla più simile o più adattabile a quella umana, per una questione di praticità, di abitudine sociale, di comodità, di non conoscenza; ma se, invece, cerco di capire l’animale che ho davanti, allora sto facendo un passo nella giusta direzione per raggiungere una convivenza felice.

Come si può, allora, conciliare l’adozione di un gatto in un contesto umano con il rispetto della sua natura felina? E’ molto più semplice di quanto si pensi, l’unica cosa da fare è informarsi prima di tutto su quale sia effettivamente la natura di un felino e, una volta fatto ciò, permettergli di soddisfare i suoi bisogni nell’ambiente che si ha a disposizione. Bisogna tendere alla semplicità, non c’è bisogno di oggetti costosi e fittizzi che simulino oggetti reali, se esistono nella realtà perché non utilizzare direttamente quelli? Se si ha la possibilità di un collegamento con l’esterno, perché non dare al gatto la possibilità di vivere liberamente dentro e fuori come più gli aggrada? Se il gatto vive nutrendosi di carni, ossa, sangue e interiora, perché dovrei alimentarlo con alimenti misti essiccati e pressati a forma di sassolini? Se ci rendiamo conto che il nostro spazio vitale è lontano anni luce da quello che può essere un naturale territorio felino, forse dovremmo imparare a fare un passo indietro e valutare se veramente siamo in grado di offrire al gatto quello di cui ha veramente bisogno, o se piuttosto non sia meglio frenare il nostro desiderio di adozione e aspettare momenti migliori in cui saremo in grado di convivere più serenamente.

Non siamo “padroni”, non siamo neanche “proprietari”, siamo solo esseri umani che scelgono di convivere con animali di altre specie, abbiamo l’onere e l’onore di preoccuparci che ogni membro del nostro gruppo sia in salute sia fisicamente che psicologicamente secondo i criteri della propria specie di appartenenza, e nel momento in cui riusciremo a rilassarci e a vivere la natura con semplicità, allora saremo sinceramente felici.

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